La gentrificazione: opportunità di riqualificazione urbana o rischio di ghettizzazione?
La gentrificazione è uno dei principali fenomeni sociali oggetto di studi nell’urbanistica e nell’architettura. Negli ultimi anni è divenuto fulcro di intensi dibattiti riguardanti il futuro delle nostre città. Ma in cosa consiste e quali sono le sue possibilità e rischi? In linea generale, la gentrificazione si può sintetizzare come: riqualificazione delle aree depresse della città e mutamento della sua composizione sociale.
Il termine gentrificazione fu coniato dalla sociologa inglese Ruth Glass, di estrazione marxista, per descrivere un antico quartiere popolare di Londra, Islington: quest’ultimo venne ripopolato progressivamente da una nuova classe media, borghese, soppiantando la vecchia classe operaia. Etimologicamente, l’espressione deriva dal termine inglese gentry, la piccola nobiltà di epoca medievale particolarmente dedita nella gestione del governo locale delle contee. Il fenomeno è il prodotto di differenti processi economici e cambiamenti sociali avvenuti approssimativamente dagli anni Ottanta del secolo scorso.
Nuove dinamiche sociali, un nuovo vivere urbano
La sociologia nell’ambito dell’urbanistica contribuisce nella costruzione di un pensiero secondo il quale la visione di una città, la sua pianificazione, progettazione e sviluppo sia il riflesso di dinamiche sociali complesse e sottintese. La progettazione di un nuovo quartiere, di un’infrastruttura urbana come una strada o una linea tramviaria, o di aree ricreative, come un parco, sono aspetti dirimenti che proiettano i cittadini verso un rapporto con la città estremamente differente.
I primi studi sulla gentrificazione risalgono al fenomeno della ghettizzazione urbana, imperante nelle città statunitensi di metà secolo scorso, quando le lotte contro la segregazione razziale erano solo all’inizio. Una segregazione simile avveniva in Europa, soprattutto nelle zone industriali. Dunque, non su base razziale, ma economica e sociale: gran parte delle città comprendeva quartieri-ghetto, composti prevalentemente da proletari e nuclei familiari meno agiati.
Con il tempo, l’interesse di questi vecchi quartieri degradati, soprattutto da parte della cosiddetta “gentry”, una borghesia urbanizzata che abbandona il sobborgo per investire e comprare case in centro, comportò una riqualificazione radicale delle case, dei palazzi, dell’arredo urbano e delle infrastrutture viarie: capannoni industriali abbandonati, testimonianze dell’”archeologia industriale”, vengono riconvertiti e ristrutturati in appartamenti di lusso.
Oggi, si costruiscono nuovi palazzi, da un design architettonico ultra-moderno che strizza l’occhio ai grattacieli sfavillanti della Grande Mela; molte vie, una volta popolate dai figli degli operai, pullulano di dehors di locali e bar, dediti quasi esclusivamente alla movida giovanile; le amministrazioni comunali approvano un uso estensivo e massiccio delle isole pedonali e delle Zone a traffico limitato (ZTL) per liberare questi centri riqualificati dall’uso dei mezzi privati e favorire la mobilità pubblica di abitanti, soprattutto giovani, che non hanno più bisogno della macchina per muoversi, abitando spesso nei medesimi quartieri dove lavorano.
Le stesse amministrazioni favoriscono investimenti da parte di grandi multinazionali che oltre a collocare le proprie sedi in tali quartieri, ottengono il permesso di trasformare profondamente l’assetto urbanistico. I paradigmatici cambiamenti nel mondo del lavoro avvenuti negli ultimi vent’anni (smart working, terziarizzazione dell’economia, precarietà giovanile) hanno influenzato notevolmente l’assetto organizzativo della città.
È possibile affermare che, mentre nel Novecento la principale preoccupazione degli urbanisti consisteva nella liberazione delle persone dal “ghetto”, non solo economico, ma realmente fisico, adesso consiste nella gentrificazione, come un fenomeno inverso. Lo stesso ghetto storico, operaio, multietnico, degradato ma anche ricco di storia e autenticità, è ora oggetto di estremi cambiamenti che spesso favoriscono un’omologazione architettonica e urbana. La particolarità di un quartiere, le sue vie e i suoi stessi abitanti, la sua vitalità storica ed esperienziale, tutto viene sopraffatto e sostituito da un quartiere differente, rivitalizzato, riqualificato, ma appannaggio esclusivo della ricca borghesia che può permettersi di vivere in loft e appartamenti di lusso.
Una nuova ghettizzazione: quella elitaria
Uno degli effetti negativi della gentrificazione è infatti l’aumento del costo degli affitti dovuto all’aumento vertiginoso della richiesta di case. Questo comporta un progressivo abbandono degli abitanti storici del quartiere, i quali devono trasferirsi in quartieri più degradati, dove il costo degli affitti è ridotto. A questo si aggiunge una chiusura dei negozi e delle attività storiche, causata da una perdita della clientela abituale e da un cambiamento dei gusti e degli interessi dei nuovi abitanti del quartiere, oltre che da una concorrenza soverchiante della grande distribuzione. L’identità del quartiere viene dunque trasformata.
Un esempio in Italia è il quartiere Isola di Milano, quartiere storico, forte della propria tradizione operaia e popolare, Isola consiste oggi solo nelle vestigia della sua storia. Protagonista di una riqualificazione radicale, il quartiere è divenuto uno dei più “chic” della città, ospitando grattacieli dell’alta finanza, opere architettoniche innovative (è il luogo delle torri del “Bosco verticale”), locali e ristoranti di lusso; ma anche musei e sale da esposizione di arte contemporanea, che favoriscono un clima culturale effervescente e in perenne mutamento. È una delle zone più ambite del capoluogo lombardo, dove gli affitti delle case sono schizzati alle stelle e il tenore di vita è decisamente più dispendioso. Ma ci sono altri esempi: il quartiere Testaccio a Roma, o San Salvario a Torino. Tutti sono accomunati da questi fattori, in sostanza una riproduzione che riperpetua lo stesso pattern urbanistico in gran parte delle città europee e americane.
La gentrificazione come Giano bifronte
La gentrificazione comporta sia un rinnovamento urbanistico positivo, che riconquista aree degradate della città, sia un lato negativo, come l’aumento vertiginoso del costo della vita in città, la ghettizzazione elitaria delle classi sociali benestanti, l’esclusione sociale ed economica, un aumento delle sperequazioni e la creazione di nuovi ghetti in zone più povere e periferiche della città. Infatti, se si volesse personificare la gentrificazione, non si potrebbe che pensare al mito del Giano bifronte.
Gli studiosi di urbanistica hanno focalizzato la loro attenzione sul concetto di gentrificazione come “storia di un cambiamento”, e soprattutto sulla tipologia di cittadini che viene costretto a spostarsi per motivazioni economiche. Sono sorti nell’ultimo decennio comitati cittadini e di quartiere, associazioni e partiti politici locali, con lo scopo preciso di combattere la spersonalizzazione e la sperequazione abitativa conseguente alla gentrificazione. Che sia questo un inizio per porre un freno alle conseguenze negative di questo fenomeno che sembra essere irreversibile? Forse la risposta sta non solo nella partecipazione attiva della cittadinanza, ma anche e soprattutto nell'intervento delle amministrazioni comunali.
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