La teoria della conservazione dell'Architettura di John Ruskin
Le sette lampade dell'Architettura dello scrittore britannico John Ruskin, pubblicato per la prima volta nel 1849 è, come ci dice Roberto Di Stefano, un saggio per chi
è ansioso di comprendere le autentiche motivazioni, culturali e sociali, della conservazione del patrimonio architettonico a vantaggio della vita umana.
Ciò che ci consegna Ruskin, un uomo singolare e plurale allo stesso tempo, in quando architetto, critico d'arte, sociologo, economista, non è una filosofia o un'estetica, come scrive Roberto Pane, ma un messaggio,
che si configura precipuamente in una fondamentale intuizione... che si può definire come il sentimento di una costante analogia tra l’esperienza estetica e quella morale.
Lo stesso scrittore in questo saggio prende coscienza del profondo legame che c'è tra l'arte e la società, tra la natura e l’opera dell’uomo ed, infine, tra le cose ed il ricordo.
Dunque, nei confronti dell’architettura noi uomini abbiamo due compiti:
il primo consiste nel conferire una dimensione storica all’architettura di oggi, il secondo nel conservare quella delle epoche passate come la più preziosa delle eredità
perché gli edifici raggiungono la loro perfezione quando diventano commemorativi.
Il decadimento dell'architettura e la conseguente bassa qualità degli edifici sono una piaga sociale, che testimoniano l’assenza di coscienza del dovere morale di costruire gli edifici nel modo migliore per far si che durino in vita per un tempo più lungo possibile.
Infatti, secondo Ruskin, si avrà
una vera architettura domestica, che è il principio di tutte le altre, che non disdegni di trattare con rispetto e ponderatezza le abitazioni piccole come quelle grandi.
Dei modelli esemplari, per il nostro autore, sono forniti dall’Italia e dalla Francia, dal momento che ciò che le pone tra i più bei paesi del mondo
non dipende tanto dalla ricchezza di grandi palazzi isolati, ma dal culto raffinato della decorazione che si vede anche nelle case più piccole e che risale al periodo del loro maggior splendore.
Il restauro é distruzione
Verso l'architettura abbiamo il dovere della conservazione, che é l'opposto della restaurazione. Anzi, se ci si prende cura dei monumenti e degli edifici non ci sarà alcuna necessità di restaurarli.
E ancor di più, dato che per Ruskin il restauro è una “falsa descrizione” produce un grave danno agli uomini anche perché toglie loro la possibilità di beneficiare dell'immaginazione.
Ora, per la conservazione delle architetture non vi è da fare altro che curare nel tempo il monumento senza restaurarlo, anche se sappiamo che un giorno lontano morirà. Con gli interventi di restauro, al contrario, arriviamo subito alla distruzione dell’edificio, che ne annienta ogni frammento autentico perché, in questo senso, conservarli
è impossibile in architettura, com’è impossibile resuscitare i morti.
Nel tempo approfondiremo i sette principi che curano e mantengono in vita le architetture:
LA LAMPADA DELLA BELLEZZA
LA LAMPADA DELLA VITA
LA LAMPADA DELLA MEMORIA
LA LAMPADA DELL’OBBEDIENZA
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